martedì 6 dicembre 2011

Il dolore della speranza


non ce la faccio più
a sentire tutto questo dolore alla tivù
ipocrisia divenuta stagno
acqua ferma scura senza ombra
odore grasso
di energie cupe lasciate a macerare
come erba ruminata
e fango appena mosso dal tormento
di voli piccoli minuscoli
insetti a strascico nel limbo
deriva senza schiuma
come il solco di un pattino nel ghiaccio
come rugiada unta in un parcheggio
come salnitro in una grotta
resto
aggrappato ai miei sogni
come muschio
come una preghiera nel breviario
sento
nulla sarà più come prima
quando seppellivo i miei rimpianti giù in cantina
e gettavo i miei rimorsi
nel fondo verde di un lago di montagna
coi ricordi appesi tutti intorno
fissi come gechi su una roccia
torno
nell’alveo secco come spugna
con la speme di pioggia
di quell’acqua dentro
che ti apre il petto
ma non ti bagna
pane secco che non sazia
perdo
il mio sguardo in quell’orizzonte acerbo
umido come occhi di vecchio
occhi di fuoco e cenere e vino e mattina presto
e bestemmie e sudore e fatica
sangue amaro nelle vene
veleno aspro sulla lingua
come sputo su un’ortica
lascio
la speranza libera nel vento
che increspa appena l’onda scritta del destino
che fischia tra le persiane in centro
o guizzi in mare aperto
finchè trovi spazio
a sufficienza
in questo cuore incerto.

Nessun commento: