domenica 22 luglio 2007

Racconto capitolotre


La nostra era una famiglia strana,con personaggi eccentrici,come i fratelli di mia madre,un pugile dilettante giocatore d'azzardo e un'altro in perenne ricerca di un'occupazione stabile,cosa che faceva frà i tavolini dell'osteria,quelle bettole di una volta così tanto imitate oggigiorno,ma allora c'era quell'energia ,quell'aria di disincanto tipica delle atmosfere dei romanzi della Duras,dove ognuno era un personaggio e la sua missione sulla terra consisteva nell'interpretarlo nella maniera più credibile possile.
Mio padre era il"maresciallo" con l'animo contadino anzi montanaro,lui veniva dalla dura montagna ai confini con l'Abruzzo,dove aveva sempre fatto il pecoraro,i racconti della sua infanzia ,dei suoi cani e le sue avventure sono tutt'oggi le mie leggende personali,per questo si integrò in una città come Roma molto velocemente,lui aveva sofferto, la fame il freddo e a casa sua non avevano il bagno e mille altre cose che solo un vecchio di campagna oggi potrebbe capire o testimoniare,ancora per poco perchè ormai siamo nel futuro,fra un pò non ci saranno più testimoni diretti del passato non basteranno più neanche i ricordi a scavallare l'argine del tempo,siamo sporti in avanti inesorabilmente,verso un dove sempre più misterioso,dai confini bizzarri che si spostano in avanti ogni volta che ci illudiamo di averli toccati o almeno sfiorati,rendendoci folli e avidi di tempo.
Nonostante abitassimo oramai in città,in un condominio ,mio padre aveva mantenuto certe abitudini,come andare per campi a fare cicoria lavandola in quantità industriali nella vasca da bagno o allevare animaletti come un coniglio o un pollastro sul balcone,insieme ai vasi con le piante di peperoncino,bestiole alle quali noi ci affezionavamo per poi piangerli quando finivano in padella,anche se il fatto più bizzarro , che ricordo come un film surrealista tipo Bunuel, fù quando una sera mio padre rientrò da una gita fuori porta con le sue sorelle,montanare come lui,portandosi dietro una pecora ,sissignori una pecora vera ,alla quale avevano messo un fazzoletto in testa credo per mimetizzarla alla vista dei condomini e trasportandola fino al terzo piano dove abitavamo la legarono per le zampe posteriori allo sciacquone e la scannarono facendo colare il sangue nel water, credo che erano tutti ubriachi,e nonostante la cruenza della scena io non ho un ricordo terribile di quel fatto,anzi fù di una comicità grottesca una specie di festa alla quale infine si aggiunsero i vicini incuriositi dai lazzi ma per nulla scandalizzati,la sola che non prese molto bene la cosa fù mia madre che come potete immaginare faticò non poco a pulire tutto,ma la puzza ci perseguitò per giorni anche perchè mio padre non potendo accendere un fuoco sul terrazzo per ovvie ragioni,prese la pessima abitudine di abbrustolire la carne direttamente sul fornello del gas,impregnando tutto al punto tale che la mia maestra chiamò mia madre per chiederle spiegazioni sui miei giochi tanta era la puzza che avevo nei vestiti,non ho mai saputo le scuse che addusse quella povera donna ma per un pò quel rito della grigliata cessò,per poi riprendere anni dopo con maggiore intesità quando mia madre se ne andò definitamente da casa,ma non fù la pecora a determinare il divorzio almeno non quella pecora spero,perchè comunque non ho più visto mio padre ridere così tanto insieme alle sorelle rievocando ricordi di un'infanzia dura ma vera dove l'uccisione di una bestia assumeva i contorni rituali di una festa pagana di paese in un periodo dove mangiare un pò di carne era un fatto assolutamente eccezionale in un menù ristretto fatto di patate e formaggio quando andava bene,dove gli animali erano parte integrante della famiglia ed erano amati e rispettati, avevano una grande dignità,una loro identità,non come oggi,anonimi pezzi di carne incellofanati ed esposti nei supermercati ,animali allevati e torturati nei lager chiamati "aziende",sacrificati all'altare del grande consumo nel nome del profitto indiscriminato, credo che il morbo che oggi ci minaccia sia solo l'inizio di una ribellione in atto da parte di una natura con la quale ormai siamo incapaci di convivere amandola e rispettandone i tempi.

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